Le vittime dell’odio nella nostra terra tirolese sono centinaia nel corso dei secoli. Uomini costretti a lottare per mantenere la
propria identità e quella della società che li sostiene e li circonda.
Kerschbaumer è una di queste vittime: sfatare il mito che quest’uomo fosse il nemico è cosa doverosa dato che il suo agire non fu mai nel strappare vite umane ma nel distruggere quella rete
nazionalista e fascista che ancora nel dopo guerra aleggiava indisturbata sul nostro territorio.
CENNI STORICI
Seep Kerschbaumer nacque a Frangart in Eppan il 9 novembre 1913 da Josef Kerschbaumer e Luise Zelger.
Perse la sua famiglia in giovane età: il padre cadde come soldato Austro Ungarico sul “fronte dolomitico” mentre sua madre morì quando
lui aveva soli 9 anni.
Affrontatò gli studi prima a Bolzano e poi a Bressanone nel settore del commercio concludendoli nel 1927.
Nell 1933 venne chiamato a svolgere il servizio militare ma per motivi ideologici avendo partecipato ad un evento antifascista nell’autunno del 1934, venne confinato assieme ad altri nei pressi di Potenza per due anni. Nel 1935 Mussolini firmò la liberazione di numerosi prigionieri considerati scomodi tra le quali quella di Kerschbaumer, il quale decise di tornare in Alto Adige.
Tornato a Frangart, nel 1936 si sposò con Maria Spitaler dalla quale ebbe sei figli. Nel 1939 la famiglia Kerschbaumer scelse la “Grande Opzione” che consentiva alle popolazioni dell’Alto Adige (che all’epoca comprendeva anche l’attuale Trentino) di lingua tedesca, ladina, mochena e cimbra di aderire all’accordo italo – germanico per essere espatriati nelle nuove terre del Terzo Reich. Dopo qualche anno decise di tornare in Alto Adige dove venne arruolato nella Wermacht nel periodo di occupazione nazista nel 1944. L’odio per i fascisti ed i nazisti crebbero in lui, in particolar modo verso coloro che al termine della guerra ancora dimostravano ideologie nazionaliste.
Decise così al termine della guerra di seguire la politica del Partito Popolare Sudtirolese SVP divenendo presidente della sezione locale e consigliere comunale di Frangart. La politica meno decisa del SVP degli anni ‘50 spinse Kerschbaumer a radunare attorno a se una serie di fedeli per combattere contro il ritorno degli inasprimenti della politica italiana nei confronti del popolo di lingua tedesca.
Decise così di fondare assieme ad alcuni suoi fedeli il BAS: Befreiungsausschuss Südtirol – Comitato per la liberazione del Tirolo. L’autodeterminazione del popolo era stata avviata ed i primi gesti di rappresaglia avvennero nel settembre del 1956 nei confronti dei simboli fascisti ancora ben visibili in ogni angolo della regione. La linea di Kerschbaumer venne inizialmente considerata valida ma dopo il raduno di Sigmundskron – Castel Firmian del SVP le cose cambiarono radicalmente. L’SVP aveva deciso di affrontare una linea più radicale ed attraverso il presidente Silvius Magnago si decise di affrontare il Los von Trient -Fuori da Trento con un discorso pubblico alla popolazione presso Sigmundskron il 17 novembre 1957. Kerschbaumer, presente a questo incontro, assieme ai suoi fedeli decise di distribuire dei volantini i quali chiedevano un sostegno alla liberazione:
"Vogliamo rimanere tedeschi e non diventare schiavi di un popolo che ha occupato il nostro paese senza combattere attraverso il tradimento e l’inganno creando un sistema di sfruttamento e colonizzazione per 40 anni, che è peggio degli ex metodi coloniali nell'Africa centrale".
Le idee di Kerschbaumer apparvero agli occhi di alcuni membri del BAS deboli dopo il Los von Trient e l’impiego degli esplosivi volto
al solo sfregio fascista non bastavano più, così si decise di seguire una linea più dura da parte di alcuni gruppi interni al BAS attaccando le forze armate italiane e dei simboli italiani di
maggiore rilievo indispensabili per l’economia locale ed italiana come le linee elettriche e ferroviarie. In seguito alla morte di alcuni civili e militari Kerschbaumer venne arrestato ed il 16
luglio 1964 venne condannato a scontare la pena di 15 anni ed 11 mesi di detenzione come capo del BAS. La sua idea di autodeterminazione era per l’ottenimento di un autonomia che vedeva quasi
raggiunta con il Los von Trient. Per questo non gli vennero imputati ergastoli e nemmeno le accuse di aggressione all’unità dello Stato ed attacco alla Costituzione italiana.
Morì il 7 dicembre del 1964 in seguito ad un infarto e venne sepolto presso il cimitero di San Paolo in Appiano.
Carcere di Bolzano, 4. settembre 1961
Scrivo qui i maltrattamenti che ho dovuto subire durante l'interrogatorio dei carabinieri di Appiano. Subito dopo l'arresto del 15 luglio 1961, sono stato portato in caserma alle 6-7 di mattina e mi sono state fatte diverse domande che ho negato.
Poi sono stato portato in un altro locale dove ho dovuto alzare le mani immediatamente, in questa posizione ho dovuto stare dalle 7 del mattino fino alle 2 del pomeriggio, fino alle 6 della sera sono stato bloccato. Poi si è ripreso dalle 6 di sera alle 3 di mattina come prima.
Così ho dovuto stare in piedi con le mani alzate per 16 ore. Quando non riuscivo più a tenere le braccia alzate, me le hanno alzate di nuovo, in questo periodo mi hanno colpito sempre in faccia al petto e alla schiena con la mano piatta od i pugni, e poi sono stato continuamente deriso, non solo io, ma soprattutto tutto il nostro popolo e la leadership ed in ultimo ero talmente distrutto con le mie forze, che non potevo più compiere alcuno sforzo.
Ho sudato e tremava tutto il corpo ed ero così esausto che avevo solo il desiderio di morire. Quando ho detto ai carabinieri di uccidermi, sono diventati piuttosto prudenti.
Durante l'interrogatorio, continuavano a minacciarmi con la tortura.
Tutto questo corrisponde alla pura verità e non riesco a descriverlo così terribile come è accaduto in realtà.
(Riproduzione e traduzione della lettera originale degli archivi dell’SVP, archivio provinciale di Bolzano – tratto da un post di Roland Lang)